Ventitreesima Parola | Capitolo Secondo | 31
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piano più sopra il padrone del palazzo da una parte cooperava con il sultano per la pace della sua gente, dall’altra si occupava di personali impegni di onore per la perfezione e il progresso della propria persona. Poiché non era notato da nessuno, ho potuto cogliere l’occasione di sorvegliare tutto ciò che accadeva, senza mai incontrare alcun ostacolo.

Uscito fuori mi accorsi che dappertutto si trovavano palazzi con queste due particolarità. Quando ne chiesi il motivo, mi dissero che il palazzo dall’interno vuoto e l’esterno affollato e festoso apparteneva ai notabili degli infedeli, cioè alla gente sviata, mentre gli altri palazzi appartenevano ai personaggi musulmani onorevoli. Incontrai poco dopo, all’angolo di un altro palazzo, una scritta che riportava il mio nome, Said. Guardandola attentamente sembrò di vederci la mia figura; il che mi rese così perplesso da spingermi al pianto. Proprio in quel momento mi svegliai. Ora vi interpreterò questa visione immaginaria:

La città rappresenta la vita sociale dell’umanità ed è simbolo della terra, della civiltà umana. Ogni palazzo è un essere umano e la gente di ogni palazzo rappresenta i membri del corpo umano, ad esempio gli occhi, le orecchie, il cuore, lo spirito, l’intelligenza e anche le facoltà negative come gli istinti maligni, i desideri, il sentimento dell’ira, gli appetiti carnali. Le facoltà dell’uomo hanno diversi compiti nel servire il Signore con diverse sofferenze e diversi piaceri.

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