Ventitreesima Parola | Capitolo Secondo | 34
(22-49)

Le sofferenze del passato, le preoccupazioni per l’avvenire, l’inquietudine per la scomparsa della felicità; questi sono i fattori che guastano la felicità dell’uomo. Tutto ciò non è valido per gli animali. La loro soddisfazione è totalmente separata dalle sofferenze. È ridicolo parlare di inquietudini presenti nel loro piacere. Nè le sofferenze del passato, né le preoccupazioni per il futuro possono turbarli; vivono così in tranquillità, ringraziando il loro Creatore. Per concludere, se l’uomo, pur essendo stato creato nei migliori dei modi, si concentra solamente nella vita mondana, precipiterà a un grado cento volte inferiore a quello di un passero e questo avverrà nonostante egli possegga delle facoltà cento volte superiori a quelle degli animali.

Poiché essa concerne il nostro argomento ripeterò ora la parabola a cui avevo accennato prima in un altro capitolo: C’era una volta un uomo che diede dieci lire d’oro al suo servitore dicendogli: “Comprati un abito di stoffa preziosa”. Poi ad un altro servo diede mille lire d’oro e lo mandò al mercato con una lista della spesa. Il primo servo comprò per se, spendendo le dieci lire d’oro, un bell’abito di una stoffa preziosa. Il secondo, invece, si comportò scioccamente; senza neanche leggere la lista della spesa che si era esso in tasca, diede tutte le sue lire ad un bottegaio, chiedendo che gli desse un abito uguale a quello del primo servo. Il bottegaio lo ingannò, vendendogli l’abito peggiore che aveva. Ritornato dal suo padrone, il servo sfortunato non solo venne punito severamente, ma fu anche tormentato per la sciocchezza commessa.

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