Ventitreesima Parola | Capitolo Secondo | 37
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Spesi in una notte sola le mie ultime dieci lire d’oro in giochi d’azzardo, in divertimenti e per farmi bello. La mattina seguente non mi rimase nulla in tasca, neppure una lira con cui comprare le cose necessarie per proseguire verso la mia destinazione. Tutto ciò che mi rimaneva non era nient’altro che il rimorso di aver perso tutto, le sofferenze, le ferite frutto dei miei peccati e dei piaceri illeciti. Mentre mi trovavo in questa situazione miserabile apparve improvvisamente un uomo dicendomi:

“Tu ora hai perso tutto ciò che avevi e hai già scontato la tua punizione. Anche senza avere una lira in tasca giungerai alla tua destinazione. Ma non dimenticare che la porta della penitenza è sempre aperta, devi solo saper usare la testa. Devi risparmiare, d’ora in poi, la metà delle prossime quindici lire d’oro che ti saranno consegnate come indennità. Con queste potrai comprarti almeno le cose di cui avrai bisogno, appena arrivato alla tua destinazione”.

A me pareva eccessivo doverne risparmiare la metà, allora quell’uomo mi consigliò di risparmiarne un terzo. Il mio ego non era ancora soddisfatto. L’uomo insistette dicendo "Un quarto allora". Il mio ego sembrava propenso a non abbandonare le sue abitudini. Visto che io non mi rassegnavo, l’uomo, arrabbiato, se ne andò via. Proprio in quel momento mi trovai in un’altra situazione. Ero su un treno che correva velocemente dentro una galleria.

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